FORZA E CORAGGIO

La forza e il coraggio sono spesso associati nella Parola di Dio, ma sono anche usualmente indicati come la virtù di coloro che affrontano pericoli o scelte difficili, oppure come uno sprono a fare determinate scelte o prendersi delle responsabilità che comportano dei rischi.

Uno dei versi più conosciuti della Parola di Dio, in proposito, è il seguente:

Giosuè 1:6-7 Sii forte e coraggioso, perché tu metterai questo popolo in possesso del paese che giurai ai loro padri di dar loro. Solo sii molto forte e coraggioso;

Voglio analizzare il passo, per considerare questo argomento e provare a incoraggiare me e voi a trovare in Dio la forza e il coraggio di conquistare la nostra “terra promessa”. In secondo luogo desidero anche trattare l’argomento “come affrontare un grande cambiamento nella propria vita”. Iniziamo a leggere tutto il paragrafo e considerare il relativo contesto:

1. MOSÈ MIO SERVO È MORTO (GS.1:2)

Gios 1:1 Dopo la morte di Mosè, servo del Signore, il Signore parlò a Giosuè, figlio di Nun, servo di Mosè, e gli disse: 2 «Mosè, mio servo, è morto. Àlzati dunque, attraversa questo Giordano, tu con tutto questo popolo, per entrare nel paese che io do ai figli d’Israele. 3 Ogni luogo che la pianta del vostro piede calcherà, io ve lo do, come ho detto a Mosè, 4 dal deserto, e dal Libano che vedi là, sino al gran fiume, il fiume Eufrate, tutto il paese degli Ittiti sino al mar Grande, verso occidente: quello sarà il vostro territorio. 5 Nessuno potrà resistere di fronte a te tutti i giorni della tua vita; come sono stato con Mosè, così sarò con te; io non ti lascerò e non ti abbandonerò. 6 Sii forte e coraggioso, perché tu metterai questo popolo in possesso del paese che giurai ai loro padri di dar loro. 7 Solo sii molto forte e coraggioso; abbi cura di mettere in pratica tutta la legge che Mosè, mio servo, ti ha data; non te ne sviare né a destra né a sinistra, affinché tu prosperi dovunque andrai. 8 Questo libro della legge non si allontani mai dalla tua bocca, ma meditalo, giorno e notte; abbi cura di mettere in pratica tutto ciò che vi è scritto; poiché allora riuscirai in tutte le tue imprese, allora prospererai. 9 Non te l’ho io comandato? Sii forte e coraggioso; non ti spaventare e non ti sgomentare, perché il Signore, il tuo Dio, sarà con te dovunque andrai».

Dunque la situazione è la seguente: Mosè è morto, questo non è un particolare da poco, visto che Giosuè per quanto ormai adulto non aveva mai dovuto assumere il comando, o meglio la conduzione del popolo, ma aveva seguito fedelmente i passi di Mosè. Questo non vuol dire che fosse codardo o non fosse degno di fiducia, solo che il peso maggiore della missione era gravato sul condottiero scelto da Dio.

Tra le altre cose Dio lo ribadisce, quasi a chiedere al suo successore di non rimanere emotivamente bloccato nel dolore della perdita e nel ricordo del passato, dovendo ora assumere il comando del popolo che avrebbe conquistato la terra di Canaan.

Il Signore “scende” (diciamo così) per incoraggiarlo e a investire ufficialmente il successore di Mosè. Sembra scontato fossero lui o Caleb, perché erano rimasti fedeli alla visione divina e avevano tanta esperienza accumulata nel viaggio di quarant’anni nel deserto.

Riflessione per i credenti del tempo presente.

E’ importante perseverare durante l’attesa dell’attuazione delle promesse di Dio, perché esse non vengono meno ma possono adempiersi con apparente ritardo, a causa dell’incredulità di una parte del popolo (chiesa). Se Israele avesse ubbidito a Mosè, quindi a Dio, il viaggio e l’entrata in Canaan sarebbero durati poche settimane. Quando una chiesa locale o un credente non vede realizzarsi il piano di Dio nella propria vita dovrebbe porsi delle domande: quello in cui spero viene realmente da Dio? Se la risposta è si, sto vivendo con fiducia e ubbidienza la Sua visione? E ancora, la domanda più spinosa, la comunità locale ha una visione e come la vive? Avere delle promesse e oziare o affaccendarsi in attività inutili o mondane, da parte della maggioranza dei credenti, potrebbe allungare di molto la realizzazione dei piani di Dio.

Non dobbiamo mai dimenticare che Dio ci vede come un corpo (sia a livello denominazionale, universale che locale) pertanto se, come dice la Scrittura, le sorti di un membro riguardano tutti (sofferenza o gioia) allo stesso modo la condotta carnale e peccaminosa o poco consacrata della chiesa locale può intoppare i singoli membri che sono fedeli e l’intero disegno divino.

Non trascuriamo nemmeno il primo versetto: “…il Signore parlò a Giosuè”. Non era la normalità che Dio parlasse a chiunque, Lui parlava ai patriarchi, ai profeti, qualche volta ai Re (Davide in particolare), ai sacerdoti, e a qualche persona in particolare in casi eccezionali. A Giosuè Dio si faceva sentire per mezzo di Mosè, ora invece il dialogo è diretto. Nella lettera agli Ebrei 1:1-2 è scritto “Dio, dopo aver parlato anticamente molte volte e in molte maniere ai padri per mezzo dei profeti, in questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio”. Come parla per mezzo del Figlio se non attraverso la Sua Parola? Ogni cristiano ha la possibilità di dialogare col Signore e ricevere rivelazione per mezzo della Parola scritta e resa vivente ed operante per mezzo dello Spirito Santo. Quindi nel nostro passo Giosuè ora sente Dio rivolgersi a lui direttamente.

Torniamo all’episodio in questione. E ora che si fa? Come andremo avanti? Chi ci condurrà nella terra promessa? Ai nostri giorni potremmo farci le stesse domande, relativamente alle situazioni contingenti:

ora, senza lavoro come si fa?”, “adesso che il nostro caro è morto come vivremo?” oppure “ora che ci troviamo in piena situazione d’emergenza come vivremo?” o ancora “adesso che sono stato lasciato/a come sopravviverò a questa nuova realtà?”.

Queste sono alcune delle situazioni più comuni alle quali l’umanità cerca di dare una risposta. E non sono le peggiori, basti pensare a chi è missionario in zone ad alto rischio, a coloro che vivono in fasce di conflitto, alle chiese perseguitate e alle donne violentate o abusate, ecc. Credo che di forza e coraggio ne servano e tanta.

Come si sente una persona che si trova di fronte ad una situazione che non si aspetta di dover affrontare senza più il punto di riferimento principale? Stava per iniziare la conquista della terra di Canaan e viene a mancare il condottiero. Giosuè sa anche che guidare il popolo ebreo non è una passeggiata di salute, come si dice, anche se la sua generazione è tutta morta nel deserto (sappiamo bene il perché) la nuova generazione, apparentemente più fedele a Dio, è comunque un impegno gravoso.

Quando le certezze e gli appoggi vengono meno, deve necessariamente emergere la consistenza della nostra esperienza cristiana.

Impareremo o approfondiremo il concetto di forza e coraggio, attraverso lo studio della personalità di Giosuè e sicuramente non mancheranno gli spunti di riflessione e gli accostamenti a Colui il cui nome in greco ha lo stesso significato del nome della persona che stiamo considerando. Giosuè e Gesù hanno lo stesso significato di “salvatore”, anche se con caratteristiche ben diverse.

2. ALZATI

2 «Mosè, mio servo, è morto. Àlzati dunque, attraversa questo Giordano, tu con tutto questo popolo, per entrare nel paese che io do ai figli d’Israele.

Prima di tutto il comando di Dio: “Alzati, attraversa, per entrare”; alzati sta per “deciditi ad agire”, questo concetto è espresso diverse volte nella Bibbia e quasi mai fa riferimento a all’azione di cambiare posizione del corpo. Alcuni versetti che servono di conferma:

Esdra10:4 Àlzati, perché questo è compito tuo, e noi saremo con te. Fatti coraggio e agisci!»

Giona 3:2 «Àlzati, va’ a Ninive, la gran città, e proclama loro quello che io ti comando». Infine, a proposito della parabola del figlio prodigo è scritto:

Luca 15:18 Io mi alzerò e andrò da mio padre, e gli dirò: ‘Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te.

Indubbiamente questo comando o questa intenzione non esclude il fatto che ad esso corrisponda anche un cambio di postura fisica, ma essenzialmente è la presa di posizione o l’ordine di passare all’azione.

Il vantaggio di Giosuè consiste nel fatto che lui nella terra promessa ci era già stato come spia ma ora la situazione è diversa, tutto il popolo deve entrare in azione sotto il suo comando.

Il coraggio di passare dalle parole ai fatti, dalla promessa all’entrare nell’adempimento della stessa, il momento nel quale le convinzioni devono diventare azioni, questa è la sfida che l’uomo di Dio affronta ogni giorno. Serve fede, poi obbedienza e la risposta risoluta alla parola di Dio. Il momento più difficile è fare il primo passo di fede, perché è proprio in questi momenti che tutta la nostra teologia diventa vita pratica.

Dubitiamo di coloro che dispensano consigli spirituali unicamente seduti sulla loro poltrona, magari dietro a un monitor, ma non hanno un briciolo di esperienza sul campo.

Lc.9:51 Poi, mentre si avvicinava il tempo in cui sarebbe stato tolto dal mondo, Gesù si mise risolutamente in cammino per andare a Gerusalemme.

Gesù andò incontro al Suo destino senza titubanza, conosceva la Sua missione, il motivo per il quale era venuto sulla terra. E’ vero che nel Getsemani ha vissuto ore angosciose, fu vero uomo anche Lui. Conoscere la volontà di Dio non significa essere esenti da sofferenze e attacchi nella mente, ma in tutte le tentazioni il conforto della fede e la sottomissione al volere di Dio sono un sostegno valido. Vi sarà sempre un ora o un giorno di crisi nella nostra chiamata, tutti l’hanno vissuta, ma per riuscire a superarla si dovrà fissare lo sguardo sulla Parola di Dio e ricordare che il Signore ci ha assicurato la riuscita, più che guardare a se stessi e alle proprie risorse.

Tutto parte dalla nostra mente, è lì che la vittoria o la sconfitta inizia, sono i nostri pensieri gli alleati migliori, se sottomessi ai pensieri di Dio:

A colui che è fermo nei suoi sentimenti tu conservi la pace, la pace, perché in te confida.” (Isaia 26:3)

Infatti io so i pensieri che medito per voi”, dice il SIGNORE: “pensieri di pace e non di male, per darvi un avvenire e una speranza.” (Geremia 29:11)

infatti le armi della nostra guerra non sono carnali, ma hanno da Dio il potere di distruggere le fortezze, poiché demoliamo i ragionamenti e tutto ciò che si eleva orgogliosamente contro la conoscenza di Dio, facendo prigioniero ogni pensiero fino a renderlo ubbidiente a Cristo.” (2Corinzi 10:4-5).

Il peccato della maggioranza del popolo ebreo fu di considerare i nemici più grandi di loro, ed era vero; ma avrebbero dovuto confrontare gli ostacoli all’onnipotenza di Colui che aveva fatto le promesse e invece mantennero uno spirito incredulo. Cambia la tua prospettiva e l’obiettivo da raggiungere sembrerà meno impossibile, anzi tu ci “riuscirai benissimo” (Num.13:30).

3. ATTRAVERSA…PER ENTRARE

v.2 “…attraversa questo Giordano, tu con tutto questo popolo, per entrare nel paese che io do ai figli d’Israele”.

Non dobbiamo dimenticare che l’azione del popolo ebreo non era motivata da un tentativo umano di conquistare un luogo come patria, senza nessuna rassicurazione e nessuna promessa a tale scopo. C’era alla base la visione che Dio aveva dato e la Sua promessa. Non muoversi, quando Dio ci assicura il successo, equivale a fare Dio bugiardo e noi increduli.

Una distesa d’acqua era stata aperta perché il popolo di Dio iniziasse la marcia verso Canaan, ora un fiume deve essere attraversato per iniziare la conquista. Se affermiamo che Dio apre e nessuno chiude, vuol dire che troveremo delle “porte” chiuse e dovremo confidare nell’onnipotenza di Dio, affinché siano aperte.

Ma ci sono i nemici! Certo che ci sono, in ogni conquista c’è un territorio, delle ricchezze (opportunità) e anche dei nemici, come anche Paolo afferma:

1Cor.16:9 perché qui una larga porta mi si è aperta a un lavoro efficace, e vi sono molti avversari.

Quando Neemia intraprese i lavori di ricostruzione della città di Gerusalemme, è scritto che a qualcuno non piacque:

Ne 2:10 Quando Samballat, il Coronita, e Tobia, il servo ammonita, furono informati del mio arrivo, furono molto contrariati dalla venuta di un uomo che cercava il bene dei figli di Israele.

Fermiamoci a riflettere!

I nemici della fede non sono mai gli ostacoli e i problemi oggettivi, ma:

– la prospettiva errata delle situazioni che viviamo, ovvero farsi vincere dall’emotività, una bel dono se però non prevale sulla fede!

– Ingigantire il problema traendo conclusioni che nascono dalla paura, ma che probabilmente non si verificheranno. Dio non pretende che non abbiamo paura, ma desidera che ci affidiamo fiduciosi al Suo amore!

– Un’idea sbagliata della provvidenza divina! Dio farà per noi quello che è umanamente impossibile, ma non compirà i passi che possiamo fare noi, al posto nostro!

Il pericolo per coloro che vogliono fare la volontà di Dio non solo è rappresentato dai pericoli che incontrerà, ma anche dalla poca fede nelle promesse di Dio. Di solito Dio fa delle promesse sapendo che esse riguardano realtà celesti, spirituali, cose che umanamente sono impossibili, ma che Lui rende realizzabili attraverso la fede:

Eb.11:1 Or la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono.

La parola attraversare ci fornisce l’idea di una situazione transitoria, la quale ci sposta da un punto a un altro, da una situazione a un’altra. Il termine “`abar “ significa, tra le altre cose “passare sopra, andare avanti, impegnarsi”. Ormai non si può indugiare più, sarebbe la fine. Giosuè e il popolo devono impegnarsi in questa conquista, il primo passo è attraversare il Giordano, un fiume che in quel periodo è in piena, ma cos’è un fiume in confronto a un mare? Dio non cambia e non è colto di sorpresa davanti agli ostacoli.

La guerra non sarà breve, ma la vittoria è garantita dalla presenza di Dio in mezzo al Suo popolo e sarà una conquista lenta ma inesorabile, il paese è già loro per fede, ma questo non vuol dire che otterranno tutto e subito. Dobbiamo imparare che le promesse di Dio sono anche una prova della nostra fiducia incondizionata, questo Giobbe lo comprese bene:

Giobbe 35:14 e tu, quando dici che non lo scorgi, la tua causa gli sta davanti; sappilo aspettare!

L’attesa non può e non deve essere pigra e oziosa, ma si traduce in un far fruttare il talento che Dio ha dato a tutti (qualcuno ne avrà ricevuti anche più di uno) in attesa di ricevere la pienezza della promessa. La terra è vostra, questa certezza Dio la donò al Suo popolo, ma materialmente passarono diversi anni prima di realizzarla appieno anche per la mancanza di scrupolosità del popolo israelita, il quale si adattò al territorio e ai costumi dei popoli (pian piano non subito) e divenne meno zelante nella conquista.

Ad essere obiettivi anche Giosuè prese qualche cantonata (vedi i Gabaoniti nel capitolo 9), ma questo non deve inficiare o scalfire la sua ottima reputazione; quale servo del Signore non ha mai fatto errori, anche gravi? Conosciamo solo Uno perfetto che non ha mai peccato, Gesù!

Vorrei spendere ancora qualche altra parola in merito all’attraversare. Quando intraprendiamo qualsiasi progetto di natura spirituale siamo inizialmente bloccati da tanti dubbi e perplessità, dovuti al nostro carattere prudente e spesso pauroso. Può essere un bene la prudenza, ma averne troppa può portare a ristagnare nei pensieri che scoraggiano, serve perciò un deciso primo passo di fede e poi uno alla volta, passo dopo passo continuare il tragitto. Questo primo passo ha l’obbligo di essere aderente alla volontà di Dio espressa dalla Sua Parola e dalla guida dello Spirito Santo; ecco quello che avvenne davanti al Giordano.

4. UNA VISIONE CHIARA

Ti invito a leggere Giosuè 3:1-17. Analizziamo alcuni versetti in particolare:

vv.4,9

Però, vi sarà tra voi e l’arca la distanza di circa duemila cubiti; non vi avvicinate ad essa, affinché possiate veder bene la via per la quale dovete andare; poiché non siete mai passati per questa via».

Dio chiama la Sua chiesa a nuove conquiste, per vie che spesso non conosce. Per questo bisogna avere gli occhi fissi sul Signore, la nostra arca, il nostro punto di riferimento. Lo Spirito Santo dona la visione e la Parola guida alla missione.

v. 13.

E non appena i sacerdoti che portano l’arca di DIO, Signore di tutta la terra, avranno posato le piante dei piedi nelle acque del Giordano, le acque del Giordano, quelle che scendono dalla parte superiore, saranno tagliate e si fermeranno in un mucchio».

Rappresenta la promessa, che si sarebbe realizzata per fede passo dopo passo. E’ evidente che il primo passo sarebbe stato il più difficile, l’inizio è sempre più dubbioso, ma se ci poggiamo sulla promessa del Signore farlo sarà meno problematico. Dio non farà quello che spetta a noi fare, il primo passo è senza dubbio quello del coraggio e della fiducia nelle Sue promesse. E’ sempre una buona abitudine chiedere conferme, in preghiera, di quello che stiamo per iniziare. Certamente Dio non ci abbandonerà mai, anche quando dovessimo fallire, ma per essere certi della Sua guida dobbiamo avere un contatto quotidiano con Lui.

Vanno bene i consigli fraterni, quelli dei predicatori che ascoltiamo, certamente anche l’opinione del nostro conduttore di chiesa, ma alla fine le decisioni non possono essere il risultato di voci esterne al nostro cuore. Dobbiamo cercare il “volto” del Signore, cioè la comunione intima con Lui per mezzo della preghiera e dei sospiri ineffabili dello Spirito Santo (Salmo 27:8; Romani 8:26).

vv.15,16

Appena quelli che portavano l’arca giunsero al Giordano e tuffarono i piedi nell’acqua della riva (il Giordano straripa dappertutto durante tutto il tempo della mietitura), le acque che scendevano dalla parte superiore si fermarono e si elevarono in un mucchio a una grandissima distanza, fino alla città di Adam che è vicino a Sartan; e quelle che scendevano verso il mare della pianura, il mar Salato, furono interamente separate da esse; e il popolo passò di fronte a Gerico.

Dio ancora una volta, semmai ce ne fosse bisogno, mantiene le promesse. Nuovamente, un ostacolo viene superato con un “passo” di fede. La fiducia in Dio non chiede di fare voli pindarici, ma passi concreti che dimostrino che il credere non è solo una bella teoria ma un realtà pratica. Anche Pietro sperimentò il camminare sulle acque come il risultato del guardare con fede al Signore Gesù e ascoltare il Suo comando, il “rhema” impartitogli, che gli permise di essere vittorioso sulla tempesta, almeno fino a quando non guardò gli elementi naturali contrari.

Però ricordiamoci che se vogliamo camminare sulle acque dobbiamo scendere dalla barca. Lasciare la routine della vita quotidiana e “rischiare” di affondare, sapendo che però non affonderemo mai veramente se ubbidiremo alla Parola di Cristo. Si affonda quando si agisce istintivamente o quando si smette di aver fiducia nel potere della Parola di Dio.

…CONTINUA

LA LETTERA ALLA CHIESA DI SARDI E’ FIGURA DELLA CHIESA PRESENTE?

LA CHIESA DI SARDI

La lettera che Giovanni scrisse alla Chiesa di Sardi, in Apocalisse 3:1-6, si rivolgeva al Corpo dei credenti che viveva a Sardi in quel momento. Ma il messaggio era tutt’altro che esclusivo. Gli avvertimenti di Cristo alle sette chiese avevano lo scopo di impartire un’esortazione universale alla Chiesa in generale, attraverso ogni epoca.

La città di Sardi

“Il Libro dell’Apocalisse indirizza sette lettere a sette chiese dell’Asia Minore. Ogni lettera, proclamata da Gesù e registrata da Giovanni Apostolo, dichiara i trionfi e i fallimenti delle chiese destinatarie.

La storia di Sardi è stata uno sfondo appropriato per l’avvertimento specifico che Cristo ha emesso nella loro lettera. Circa 1200 anni prima della venuta di Gesù, Sardi prese il suo posto come importante capitale del regno di Lidia. I cittadini di Sardi godevano di sicurezza e prosperità oltre misura. La città era ben fortificata e la generosità del fiume Practolus forniva loro acqua fresca e oro.

Con le montagne come scudo e la loro ricchezza protetta in cima a una collina fortificata, circondata da ripide scogliere, la città fu chiamata “Sardi, l’inespugnabile”. Sardi significa “quelli che fuggono” o “ciò che rimane”. Dopo aver letto la lettera di Giovanni, ai credenti di Sardi fu lasciata una scelta. Avrebbero potuto seguire la via della storia, della tradizione e della cultura della loro città, oppure la via del Signore.

Qual era il messaggio di Gesù alla Chiesa di Sardi?

Il messaggio che Gesù dà alla chiesa di Sardi è questo: Egli conosce intimamente le loro opere, ma è anche consapevole della facciata che mostrano al mondo. Le due realtà sono diametralmente opposte. I credenti sardi si erano costruiti una nomea (fama) di chiesa vivente e attiva ma, agli occhi del Signore, dentro erano senza vita.

Gesù lancia un forte avvertimento alla chiesa morente. Sii vigilante e rafforza il resto che sta per morire; poiché non ho trovato le tue opere perfette davanti al mio Dio. Ricordati dunque come hai ricevuto e ascoltato la parola, continua a serbarla e ravvediti. Perché, se non sarai vigilante, io verrò come un ladro, e tu non saprai a che ora verrò a sorprenderti” (Apocalisse 3:2-3).

Il fatto di conoscere le sue opere come incompiute o imperfette, molto probabilmente si riferisce al fatto che essere erano fatte per mostrarsi ipocritamente una comunità attiva, ma senza l’amore e la fede che sono alla base dell’operare, come probabilmente erano all’inizio della conversione (Gal.5:6,13).

Nota storica: la città era stata soggiogata ben due volte, a causa della negligenza delle sue sentinelle, probabilmente dovuta al sonno, pertanto l’appello alla vigilanza è ben compreso, anche se di natura spirituale.

Come può una comunità locale (o una denominazione) vivere sugli allori del passato e non cercare l’esperienza continua con la Parola e lo Spirito Santo? Come si può pensare di vivere di rendita (vantarsi delle testimonianze passate) e non comprendere che Gesù ha aperto una fonte di acqua viva (Gv.4:14;7:38)?

Indubbiamente erano buoni cittadini, onesti, degni di ammirazione, non fornicatori o idolatri, ma agli occhi del Signore la loro vita spirituale stava morendo. Ovviamente i conduttori non sono esenti dai rimproveri mossi da Cristo. Forse anche la predicazione era accomodante, poco incisiva, per accontentare tutti. Gli incarichi erano assegnati secondo criteri umani o logici ma non secondo la logica di Dio; insomma una comunità ben organizzata ma lontana dagli standard di Dio.

Un monito per noi, cristiani occidentali del XXI secolo, il culto non è uno spettacolo, la predicazione non è una bella canzone, orecchiabile (Ez.33:32), il locale di culto non deve favorire il benessere emotivo, ma deve essere un ospedale per i malati spirituali, una locanda per gli affamati e assetati di giustizia, un luogo dove lo Spirito Santo possa scuotere i cuori e guidare alla salvezza in Cristo. Sardi era diventata un bel teatro per attori in maschera (ipocriti=termine che richiama il concetto di “attore che indossa una maschera per inscenare un’opera teatrale”).

La maggior parte della chiesa locale doveva ravvedersi e ricordare come aveva ricevuto la Parola, probabilmente con la stesso zelo dei tessalonicesi e dei bereani (1Ts.2:13; At.17:1).

Ma non tutti i credenti di Sardi erano zombi spirituali. Dopo la sua dichiarazione alla chiesa ribelle, Gesù si rivolge a una manciata di persone nella congregazione che avevano scelto di non seguire l’esempio dei loro fratelli e sorelle ingannati nel Signore. Loda i pochi fedeli per non aver “sporcato i loro vestiti”, nella sporcizia dell’ipocrisia. Gesù concede a questi devoti individui l’onore di camminare con Lui, “vestiti di bianco”. La vera Chiesa del Signore è stata e sarà sempre un “piccolo gregge”, dove molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti. Questo però ci incoraggia, in un quadro così tetro come quello di Sardi, anche nella chiesa più “morta” c’è sempre una radice che potrebbe riprendere vigore.

Infine, Gesù offre un barlume di speranza alla chiesa di Sardi, ed è racchiuso in una promessa. A chiunque fosse disposto a risvegliarsi alla Sua verità, a smettere di vivere nella menzogna e a pentirsi, Gesù promette la vittoria. Le loro vesti sporche diventeranno bianche e i loro nomi saranno scritti nel libro della vita per essere riconosciuti davanti a Dio e agli angeli. Isaia ci dice qualcosa del genere:

Lavatevi, purificatevi, togliete davanti ai miei occhi la malvagità delle vostre azioni; smettete di fare il male; imparate a fare il bene; cercate la giustizia, rialzate l’oppresso, fate giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova! Poi venite, e discutiamo», dice il Signore; «anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come la neve; anche se fossero rossi come porpora, diventeranno come la lana. Se siete disposti a ubbidire, mangerete i frutti migliori del paese; ma se rifiutate e siete ribelli, sarete divorati dalla spada»; poiché la bocca del Signore ha parlato” (Is.1:16-20).

Perché la morte spirituale è una condizione così orribile nella Chiesa?

Quando Cristo, per mezzo dello Spirito Santo, viene ad abitare nel cuore di ogni Credente, avviene una metamorfosi soprannaturale. Attraverso il peccato di Adamo, tutta l’umanità ha ereditato la morte spirituale, ma Gesù è la nostra via, verità e vita. La nostra vita è in Lui e la Sua vita risplende attraverso di noi. La stessa forza di resurrezione che ha riportato in vita Gesù è la forza che alimenta la vita cristiana. La sua Chiesa è un riflesso collettivo della luce divina e della vita di Gesù.

Quando una chiesa tenta di operare da qualsiasi altra fonte di potere rispetto a Cristo, quella chiesa può essere ufficialmente identificata come morta. Il problema con una chiesa deceduta è che raramente riconosce la condizione. Una chiesa morta continuerà spesso a funzionare con il proprio potere, programmi e pompa e attribuirà lo slancio a Cristo, celebrando ogni vittoria temporale come se avesse un merito eterno.

Come la storia di Sansone nell’Antico Testamento, una chiesa morta potrebbe non avere il discernimento per riconoscere quando il “Signore è partito”. Questo rende la chiesa morta non solo inefficace ma anche pericolosa. Quando il mondo vede una chiesa morta sfilare come se fosse viva in Cristo, Satana prende il sopravvento nei suoi piani per diffamare l’immagine di Dio e mantenere il mondo perduto in schiavitù.

5 SEGNI PER CAPIRE SE LA NOSTRA CHIESA E’ MALATA.

1. La tua chiesa è più interessata a promuovere la propria immagine rispetto a quella di Dio?

“Conosco le tue opere; hai la reputazione di essere vivo, ma sei morto” (Ap.3:1).

Quando una chiesa diventa iper-preoccupata per la denominazione, la crescita, i numeri e i programmi, questo è un segno di malattia spirituale. E’ chiaro che il ruolo di pubbliche relazioni della Chiesa appartiene solo a Gesù. Egli è colui che ha il compito di “edificare la chiesa”, e solo Lui può legittimamente aggiungere al suo numero “quelli che vengono salvati” (Mt.16:18; Atti 2:47). Una reputazione brillante e il tutto esaurito non valgono nulla se sono solo i segni distintivi di una chiesa morta.

2. La tua chiesa lascia l’agenda di Cristo “incompiuta” per perseguire la propria?

“Ho trovato le tue opere incompiute davanti al mio Dio” (Ap.3:2).

La missione designata da Dio per la chiesa è una continuazione del ministero terreno di Cristo. La Scrittura è chiara sul fatto che lo scopo della chiesa, dato da Dio e alimentato dallo Spirito Santo, è quello di equipaggiare, incoraggiare, rafforzare e addestrare i santi a portare il Vangelo di Cristo nel mondo (Ef.4:11-12; Mt.28:19-20; Mt.5:13-14). Molte chiese possono essere così distratte da preoccupazioni finanziarie, schemi di sensibilizzazione e rilevanza culturale che i loro sforzi umani minano la purezza della missione di Cristo. Cristo ha già fornito tutto ciò di cui la Chiesa ha bisogno per compiere la nostra missione. Il nostro lavoro è efficace per il Regno di Dio solo quando operiamo il piano di Cristo, nella guida del Suo Spirito, per la gloria di Dio.

3. I messaggi dal pulpito sono incentrati sull’uomo o sulla verità?

“Ricordati, dunque, di ciò che hai ricevuto e udito; tienilo fermo» (Ap.3:3).

La Scrittura ci dice che verrà un tempo in cui le persone non vorranno più tollerare l’insegnamento della sana dottrina (2Tim.4:3). Nel tentativo di raggiungere le masse con il Vangelo, molte chiese moderne hanno compromesso la sana dottrina per insegnamenti umanistici che non stimolano al ravvedimento. Invece di predicare la Parola di Dio che ha il potere di trasformare le vite, questi pastori si sono accontentati di una versione annacquata del messaggio che promuove la tolleranza e banalizza le dure verità. Se una chiesa non è disposta a “tenersi ferma” alla Parola di Dio, custodirla e predicarla fedelmente, in tempo e fuori di tempo, quella chiesa sta morendo o è morta.

4. La tua chiesa incoraggia il pentimento?

“… e pentiti … Eppure a Sardi hai pochi che non si sono sporcati le vesti” (Ap.3:3b, 4).

Il pentimento è stata una dottrina fondamentale predicata fin dai primi giorni della Chiesa. Ma ultimamente, Satana ha lavorato duramente per velare la verità sulla natura mortale del peccato, ed è impegnato a deformare la verità sulla dottrina essenziale del pentimento. Prima della sua ascensione, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: Il Messia patirà e risusciterà dai morti il terzo giorno e nel suo nome sarà predicata a tutte le nazioni la conversione per la remissione dei peccati, cominciando da Gerusalemme” (Lc.24:47). Se la verità sul peccato e sul pentimento non viene mai discussa all’interno del tuo corpo ecclesiale, questo è un segno sicuro che lo Spirito Santo non è attivamente all’opera tra i fedeli.

5. Le vostre riunioni di chiesa sono caratterizzate da un’atmosfera di letargo spirituale?

Svegliati! Rafforza ciò che rimane e sta per morire” (Ap.3:2).

Non tutte le riunioni in chiesa saranno piene di eccitazione, ma quando il Corpo di Cristo avrà l’opportunità di riunirsi per la preghiera e l’adorazione collettiva, la presenza di Cristo dovrebbe essere percepita e sperimentata come fonte di vita e luce.

La Scrittura usa ripetutamente l’analogia della sonnolenza spirituale per esporre le insidie del compiacimento e avvisarci del fatto che il nostro tempo sulla terra sta volgendo al termine. Ora, più che mai, dobbiamo essere vigili e cooperare attivamente con Gesù in modo che possa rafforzare la nostra fede (Eb.12:2). Se la tua chiesa agisce più come un aiuto per dormire che come una fonte di luce, questo è un segno che la chiesa ha bisogno di essere rianimata. “E fate questo, comprendendo il tempo presente: è già giunta per voi l’ora di svegliarvi dal vostro sonno, perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando abbiamo creduto” (Rm.13:11).

LA PARABOLA DELLE DIECI VERGINI

“Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini le quali, prese le loro lampade, uscirono a incontrare lo sposo.   Cinque di loro erano stolte e cinque avvedute;   le stolte, nel prendere le loro lampade, non avevano preso con sé dell’olio; mentre le avvedute, insieme con le loro lampade, avevano preso dell’olio nei vasi.”  Matteo 25:1-4.

Tutte le dieci vergini andarono incontro allo sposo. Avevano detto addio al mondo per cercare le cose di lassù dov’è seduto Cristo. (Colossesi 3,1-2) Tutte si erano portate le lampade. C’era solo una differenza, le avvedute insieme alle loro lampade avevano preso dell’olio nei vasi. Le stolte non avevano la comprensione di portare con sé l’olio nei vasi.

«Ordina ai figli d’Israele di portarti dell’olio di oliva puro, vergine, per il candelabro, per tenere le lampade sempre accese.»  3. Levitico 24:2.

Le lampade sono la confessione della nostra fede. (Matteo 10:27; Matteo 5:15) Per ottenere l’olio qualcosa dev’essere schiacciato, e senza olio le lampade non possono fare luce. C’è grande carenza di lampade che risplendono di vita e dell’insegnamento. Se confesso di dover camminare nelle orme di Gesù: ”Oltraggiato, non rendeva gli oltraggi” (1 Pietro 2:21-23), quindi la lampada non risplende se rendo gli oltraggi. E per non rendere gli oltraggi qualcosa dev’essere schiacciato in me. Questa è la mia volontà – il mio onore. Se viene schiacciato, allora si accende la lampada.

Le cinque stolte avevano poco olio nella lampada, poiché dicono: ”Le nostre lampade si spengono!” Anche in loro era stato schiacciato qualcosa.

Le opere della carne

“Ora le opere della carne sono manifeste,   e sono: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregoneria, inimicizie, discordia, gelosia, ire, contese, divisioni, sètte, invidie, ubriachezze, orge e altre simili cose; circa le quali, come vi ho già detto, vi preavviso: chi fa tali cose non erediterà il regno di Dio.” Galati 5:19-21.

Queste opere e altre simili sono manifeste. Tutti sanno che sono peccato. Se facciamo queste cose, non è facile credere al nostro cristianesimo. Tutte e dieci avevano schiacciato tanto da essere vergini. Le avvedute al contrario non pensavano solo a far bruciare le lampade sul momento. Pensavano pure ai vasi.

Queste “opere della carne” appaiono nella vita quotidiana, nelle diverse prove quando ci troviamo di fronte agli uomini. È allora che la lampada deve risplendere. Anche le cinque vergini stolte rinnegheranno se stesse in queste prove, cosicché le lampade bruceranno in modo da non essere giudicate dagli uomini. Ma sono soddisfatte. Non pensano che quel poco d’olio che ottengono da lì lo bruciano all’istante. Le avvedute al contrario pensavano a raccogliere olio nei vasi. Quando le prove erano passato, ci riflettevano su.  Lì in silenzio davanti al cospetto di Dio vedevano se stesse, la loro natura umana, che schiacciavano. Non c’è nessuno per cui devono accendersi adesso tanto da aver bisogno delle lampade. L’olio che ottengono adesso, lo raccolgono nel vaso. È la vita nascosta con Cristo in Dio.

Le vergini stolte sono soddisfatte quando le persone non le possono giudicare. Esteriormente sono piene di buone azioni. Questo deve funzionare ininterrottamente. Pace e silenzio davanti al cospetto di Dio? No, si deve fare qualcosa. Possono somigliare in verità a Marta. Lei era umana in tutto il suo zelo nel servire Gesù. Non capiva Maria, che era seduta ai piedi di Gesù e raccoglieva l’olio nel vaso.

Schiacciare l’olio per il tuo vaso

Deporre il peccato che grava sulla coscienza, porta olio nella lampada. La vanità, l’ambizione, il desiderio di predicare, la notorietà presso gli uomini e l’avidità che tutti possono vedere, deve essere schiacciata – deposta – affinché la lampada sia accesa. Allora le cinque vergini stolte sono soddisfatte. Chi è soddisfatto della sua situazione spirituale per com’è, sarà tra le cinque vergini stolte, in qualunque stadio si trovi. Ma lo Spirito di riflessione va molto più in profondità. Se vuoi avere l’olio anche nel vaso, allora devi giungere al riposo nel tuo interiore, cosicché puoi ascoltare la voce dello Spirito. Allora riceverai luce e ti si mostrerà la vanità, l’ambizione, il desiderio di predicare ecc. in un livello molto più profondo di quanto tu possa immaginare. Qui si tratta di camminare nello Spirito (Galati 5,25) e riconoscere e schiacciare. Le cinque avvedute hanno il senso per questa ”vita del vaso”; la amano e raccolgono l’olio sia nella lampada sia nel vaso.

Gli uomini possono vedere soltanto le lampade. Il vaso non è a loro visibile. Perciò non riescono a vedere la differenza tra le vergini, anche se riescono a notare bene che c’è  poco olio in alcune lampade, che non bruciano così chiaramente.

Vincere questi peccati sui quali lo Spirito ti dà una luce più profonda nel nascosto, significa che non fai le tue opere per essere visto, ma perché ami Gesù e tutto quello che fai è per amore di Gesù. Sì, allora sei veramente avveduto. Allora ci sarai quando verrà Gesù come un ladro a prendere coloro che sono pronti. E sarai vestito di vesti bianche e camminerai con Gesù, e lui confesserà il tuo nome davanti al Padre suo e ai suoi angeli.

La notte profonda e il richiamo

”Siccome lo sposo tardava, tutte divennero assonnate e si addormentarono.” Matteo 25:5. In questo erano tutte uguali e non sono rimproverate perché si sono addormentate. Quindi non è questo sonno a significare che sono state tiepide o infedeli, ma può significare che era venuto un periodo in cui non potevano lavorare. (Giovanni 9:4) Dovevano mantenersi tranquille.

“Verso mezzanotte si levò un grido: “Ecco lo sposo, uscitegli incontro!” Matteo 5:6. Allora tutte si svegliarono. Adesso avevano bisogno delle lampade. Questo fu il grido alle vergini nel buio. Avevano tutte un orecchio con cui ascoltare. Adesso dovevano dirlo nella luce, dovevano predicarlo dai tetti. Prepararono le loro lampade; ma per far luce nel cuore della notte dovevano aggiungere altro olio oltre a quello che c’era nelle lampade. Adesso le stolte sperimentarono la cosa terribile che le loro lampade si spegnevano. Adesso capirono quello che avevano trascurato e volevano avere olio dalle avvedute. Ma le avvedute non ne avevano più di quello che bastava per loro stesse. Non riuscivano a coprire anche le stolte. No, le stolte dovevano prima andare dai venditori – cercare di vivere la vita – prendersi il tempo di schiacciare le olive per raccogliere l’olio nei vasi.

La vita è la luce degli uomini. Perciò nessuno può prendere in prestito la luce degli altri. Anche oggi troviamo tali che vivono nel peccato, ma cercano di nascondersi tra i cristiani. Guadagnano fiducia perché partecipano alle riunioni cristiane, dove sono persone così brave. Ma arriva il momento in cui diventano manifeste.

Quando si levò il grido, era troppo tardi per comprare olio. Lo sposo venne e quelle che erano pronte andarono con lui. “Più tardi vennero anche le altre vergini, dicendo:   “Signore, Signore, aprici!” Ma egli rispose: “Io vi dico in verità: Non vi conosco”. Matteo 25:11-12. Avevano camminato al cospetto degli uomini e non avevano pensato alla testimonianza dello sposo. Non era riuscito a parlare a loro come era riuscito con Maria. Lui non li conosceva.

Che tutti noi possiamo quindi risvegliarci affinché abbiamo più senso per raccogliere l’olio nei vasi. Allora saremo in grado di scampare a tutte queste cose che stanno per venire e di comparire davanti al Figlio dell’uomo! (Luca 21:36)

Leggi tutta la parabola delle dieci vergini in Matteo 25:1-13.

Questa è una versione modificata del capitolo ”Le dieci vergini” dal libro ”La sposa e la meretrice e gli ultimi tempi”, pubblicata a settembre del 1946 da Skjulte Skatters Forlag.
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