FORZA E CORAGGIO

La forza e il coraggio sono spesso associati nella Parola di Dio, ma sono anche usualmente indicati come la virtù di coloro che affrontano pericoli o scelte difficili, oppure come uno sprono a fare determinate scelte o prendersi delle responsabilità che comportano dei rischi.

Uno dei versi più conosciuti della Parola di Dio, in proposito, è il seguente:

Giosuè 1:6-7 Sii forte e coraggioso, perché tu metterai questo popolo in possesso del paese che giurai ai loro padri di dar loro. Solo sii molto forte e coraggioso;

Voglio analizzare il passo, per considerare questo argomento e provare a incoraggiare me e voi a trovare in Dio la forza e il coraggio di conquistare la nostra “terra promessa”. In secondo luogo desidero anche trattare l’argomento “come affrontare un grande cambiamento nella propria vita”. Iniziamo a leggere tutto il paragrafo e considerare il relativo contesto:

1. MOSÈ MIO SERVO È MORTO (GS.1:2)

Gios 1:1 Dopo la morte di Mosè, servo del Signore, il Signore parlò a Giosuè, figlio di Nun, servo di Mosè, e gli disse: 2 «Mosè, mio servo, è morto. Àlzati dunque, attraversa questo Giordano, tu con tutto questo popolo, per entrare nel paese che io do ai figli d’Israele. 3 Ogni luogo che la pianta del vostro piede calcherà, io ve lo do, come ho detto a Mosè, 4 dal deserto, e dal Libano che vedi là, sino al gran fiume, il fiume Eufrate, tutto il paese degli Ittiti sino al mar Grande, verso occidente: quello sarà il vostro territorio. 5 Nessuno potrà resistere di fronte a te tutti i giorni della tua vita; come sono stato con Mosè, così sarò con te; io non ti lascerò e non ti abbandonerò. 6 Sii forte e coraggioso, perché tu metterai questo popolo in possesso del paese che giurai ai loro padri di dar loro. 7 Solo sii molto forte e coraggioso; abbi cura di mettere in pratica tutta la legge che Mosè, mio servo, ti ha data; non te ne sviare né a destra né a sinistra, affinché tu prosperi dovunque andrai. 8 Questo libro della legge non si allontani mai dalla tua bocca, ma meditalo, giorno e notte; abbi cura di mettere in pratica tutto ciò che vi è scritto; poiché allora riuscirai in tutte le tue imprese, allora prospererai. 9 Non te l’ho io comandato? Sii forte e coraggioso; non ti spaventare e non ti sgomentare, perché il Signore, il tuo Dio, sarà con te dovunque andrai».

Dunque la situazione è la seguente: Mosè è morto, questo non è un particolare da poco, visto che Giosuè per quanto ormai adulto non aveva mai dovuto assumere il comando, o meglio la conduzione del popolo, ma aveva seguito fedelmente i passi di Mosè. Questo non vuol dire che fosse codardo o non fosse degno di fiducia, solo che il peso maggiore della missione era gravato sul condottiero scelto da Dio.

Tra le altre cose Dio lo ribadisce, quasi a chiedere al suo successore di non rimanere emotivamente bloccato nel dolore della perdita e nel ricordo del passato, dovendo ora assumere il comando del popolo che avrebbe conquistato la terra di Canaan.

Il Signore “scende” (diciamo così) per incoraggiarlo e a investire ufficialmente il successore di Mosè. Sembra scontato fossero lui o Caleb, perché erano rimasti fedeli alla visione divina e avevano tanta esperienza accumulata nel viaggio di quarant’anni nel deserto.

Riflessione per i credenti del tempo presente.

E’ importante perseverare durante l’attesa dell’attuazione delle promesse di Dio, perché esse non vengono meno ma possono adempiersi con apparente ritardo, a causa dell’incredulità di una parte del popolo (chiesa). Se Israele avesse ubbidito a Mosè, quindi a Dio, il viaggio e l’entrata in Canaan sarebbero durati poche settimane. Quando una chiesa locale o un credente non vede realizzarsi il piano di Dio nella propria vita dovrebbe porsi delle domande: quello in cui spero viene realmente da Dio? Se la risposta è si, sto vivendo con fiducia e ubbidienza la Sua visione? E ancora, la domanda più spinosa, la comunità locale ha una visione e come la vive? Avere delle promesse e oziare o affaccendarsi in attività inutili o mondane, da parte della maggioranza dei credenti, potrebbe allungare di molto la realizzazione dei piani di Dio.

Non dobbiamo mai dimenticare che Dio ci vede come un corpo (sia a livello denominazionale, universale che locale) pertanto se, come dice la Scrittura, le sorti di un membro riguardano tutti (sofferenza o gioia) allo stesso modo la condotta carnale e peccaminosa o poco consacrata della chiesa locale può intoppare i singoli membri che sono fedeli e l’intero disegno divino.

Non trascuriamo nemmeno il primo versetto: “…il Signore parlò a Giosuè”. Non era la normalità che Dio parlasse a chiunque, Lui parlava ai patriarchi, ai profeti, qualche volta ai Re (Davide in particolare), ai sacerdoti, e a qualche persona in particolare in casi eccezionali. A Giosuè Dio si faceva sentire per mezzo di Mosè, ora invece il dialogo è diretto. Nella lettera agli Ebrei 1:1-2 è scritto “Dio, dopo aver parlato anticamente molte volte e in molte maniere ai padri per mezzo dei profeti, in questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio”. Come parla per mezzo del Figlio se non attraverso la Sua Parola? Ogni cristiano ha la possibilità di dialogare col Signore e ricevere rivelazione per mezzo della Parola scritta e resa vivente ed operante per mezzo dello Spirito Santo. Quindi nel nostro passo Giosuè ora sente Dio rivolgersi a lui direttamente.

Torniamo all’episodio in questione. E ora che si fa? Come andremo avanti? Chi ci condurrà nella terra promessa? Ai nostri giorni potremmo farci le stesse domande, relativamente alle situazioni contingenti:

ora, senza lavoro come si fa?”, “adesso che il nostro caro è morto come vivremo?” oppure “ora che ci troviamo in piena situazione d’emergenza come vivremo?” o ancora “adesso che sono stato lasciato/a come sopravviverò a questa nuova realtà?”.

Queste sono alcune delle situazioni più comuni alle quali l’umanità cerca di dare una risposta. E non sono le peggiori, basti pensare a chi è missionario in zone ad alto rischio, a coloro che vivono in fasce di conflitto, alle chiese perseguitate e alle donne violentate o abusate, ecc. Credo che di forza e coraggio ne servano e tanta.

Come si sente una persona che si trova di fronte ad una situazione che non si aspetta di dover affrontare senza più il punto di riferimento principale? Stava per iniziare la conquista della terra di Canaan e viene a mancare il condottiero. Giosuè sa anche che guidare il popolo ebreo non è una passeggiata di salute, come si dice, anche se la sua generazione è tutta morta nel deserto (sappiamo bene il perché) la nuova generazione, apparentemente più fedele a Dio, è comunque un impegno gravoso.

Quando le certezze e gli appoggi vengono meno, deve necessariamente emergere la consistenza della nostra esperienza cristiana.

Impareremo o approfondiremo il concetto di forza e coraggio, attraverso lo studio della personalità di Giosuè e sicuramente non mancheranno gli spunti di riflessione e gli accostamenti a Colui il cui nome in greco ha lo stesso significato del nome della persona che stiamo considerando. Giosuè e Gesù hanno lo stesso significato di “salvatore”, anche se con caratteristiche ben diverse.

2. ALZATI

2 «Mosè, mio servo, è morto. Àlzati dunque, attraversa questo Giordano, tu con tutto questo popolo, per entrare nel paese che io do ai figli d’Israele.

Prima di tutto il comando di Dio: “Alzati, attraversa, per entrare”; alzati sta per “deciditi ad agire”, questo concetto è espresso diverse volte nella Bibbia e quasi mai fa riferimento a all’azione di cambiare posizione del corpo. Alcuni versetti che servono di conferma:

Esdra10:4 Àlzati, perché questo è compito tuo, e noi saremo con te. Fatti coraggio e agisci!»

Giona 3:2 «Àlzati, va’ a Ninive, la gran città, e proclama loro quello che io ti comando». Infine, a proposito della parabola del figlio prodigo è scritto:

Luca 15:18 Io mi alzerò e andrò da mio padre, e gli dirò: ‘Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te.

Indubbiamente questo comando o questa intenzione non esclude il fatto che ad esso corrisponda anche un cambio di postura fisica, ma essenzialmente è la presa di posizione o l’ordine di passare all’azione.

Il vantaggio di Giosuè consiste nel fatto che lui nella terra promessa ci era già stato come spia ma ora la situazione è diversa, tutto il popolo deve entrare in azione sotto il suo comando.

Il coraggio di passare dalle parole ai fatti, dalla promessa all’entrare nell’adempimento della stessa, il momento nel quale le convinzioni devono diventare azioni, questa è la sfida che l’uomo di Dio affronta ogni giorno. Serve fede, poi obbedienza e la risposta risoluta alla parola di Dio. Il momento più difficile è fare il primo passo di fede, perché è proprio in questi momenti che tutta la nostra teologia diventa vita pratica.

Dubitiamo di coloro che dispensano consigli spirituali unicamente seduti sulla loro poltrona, magari dietro a un monitor, ma non hanno un briciolo di esperienza sul campo.

Lc.9:51 Poi, mentre si avvicinava il tempo in cui sarebbe stato tolto dal mondo, Gesù si mise risolutamente in cammino per andare a Gerusalemme.

Gesù andò incontro al Suo destino senza titubanza, conosceva la Sua missione, il motivo per il quale era venuto sulla terra. E’ vero che nel Getsemani ha vissuto ore angosciose, fu vero uomo anche Lui. Conoscere la volontà di Dio non significa essere esenti da sofferenze e attacchi nella mente, ma in tutte le tentazioni il conforto della fede e la sottomissione al volere di Dio sono un sostegno valido. Vi sarà sempre un ora o un giorno di crisi nella nostra chiamata, tutti l’hanno vissuta, ma per riuscire a superarla si dovrà fissare lo sguardo sulla Parola di Dio e ricordare che il Signore ci ha assicurato la riuscita, più che guardare a se stessi e alle proprie risorse.

Tutto parte dalla nostra mente, è lì che la vittoria o la sconfitta inizia, sono i nostri pensieri gli alleati migliori, se sottomessi ai pensieri di Dio:

A colui che è fermo nei suoi sentimenti tu conservi la pace, la pace, perché in te confida.” (Isaia 26:3)

Infatti io so i pensieri che medito per voi”, dice il SIGNORE: “pensieri di pace e non di male, per darvi un avvenire e una speranza.” (Geremia 29:11)

infatti le armi della nostra guerra non sono carnali, ma hanno da Dio il potere di distruggere le fortezze, poiché demoliamo i ragionamenti e tutto ciò che si eleva orgogliosamente contro la conoscenza di Dio, facendo prigioniero ogni pensiero fino a renderlo ubbidiente a Cristo.” (2Corinzi 10:4-5).

Il peccato della maggioranza del popolo ebreo fu di considerare i nemici più grandi di loro, ed era vero; ma avrebbero dovuto confrontare gli ostacoli all’onnipotenza di Colui che aveva fatto le promesse e invece mantennero uno spirito incredulo. Cambia la tua prospettiva e l’obiettivo da raggiungere sembrerà meno impossibile, anzi tu ci “riuscirai benissimo” (Num.13:30).

3. ATTRAVERSA…PER ENTRARE

v.2 “…attraversa questo Giordano, tu con tutto questo popolo, per entrare nel paese che io do ai figli d’Israele”.

Non dobbiamo dimenticare che l’azione del popolo ebreo non era motivata da un tentativo umano di conquistare un luogo come patria, senza nessuna rassicurazione e nessuna promessa a tale scopo. C’era alla base la visione che Dio aveva dato e la Sua promessa. Non muoversi, quando Dio ci assicura il successo, equivale a fare Dio bugiardo e noi increduli.

Una distesa d’acqua era stata aperta perché il popolo di Dio iniziasse la marcia verso Canaan, ora un fiume deve essere attraversato per iniziare la conquista. Se affermiamo che Dio apre e nessuno chiude, vuol dire che troveremo delle “porte” chiuse e dovremo confidare nell’onnipotenza di Dio, affinché siano aperte.

Ma ci sono i nemici! Certo che ci sono, in ogni conquista c’è un territorio, delle ricchezze (opportunità) e anche dei nemici, come anche Paolo afferma:

1Cor.16:9 perché qui una larga porta mi si è aperta a un lavoro efficace, e vi sono molti avversari.

Quando Neemia intraprese i lavori di ricostruzione della città di Gerusalemme, è scritto che a qualcuno non piacque:

Ne 2:10 Quando Samballat, il Coronita, e Tobia, il servo ammonita, furono informati del mio arrivo, furono molto contrariati dalla venuta di un uomo che cercava il bene dei figli di Israele.

Fermiamoci a riflettere!

I nemici della fede non sono mai gli ostacoli e i problemi oggettivi, ma:

– la prospettiva errata delle situazioni che viviamo, ovvero farsi vincere dall’emotività, una bel dono se però non prevale sulla fede!

– Ingigantire il problema traendo conclusioni che nascono dalla paura, ma che probabilmente non si verificheranno. Dio non pretende che non abbiamo paura, ma desidera che ci affidiamo fiduciosi al Suo amore!

– Un’idea sbagliata della provvidenza divina! Dio farà per noi quello che è umanamente impossibile, ma non compirà i passi che possiamo fare noi, al posto nostro!

Il pericolo per coloro che vogliono fare la volontà di Dio non solo è rappresentato dai pericoli che incontrerà, ma anche dalla poca fede nelle promesse di Dio. Di solito Dio fa delle promesse sapendo che esse riguardano realtà celesti, spirituali, cose che umanamente sono impossibili, ma che Lui rende realizzabili attraverso la fede:

Eb.11:1 Or la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono.

La parola attraversare ci fornisce l’idea di una situazione transitoria, la quale ci sposta da un punto a un altro, da una situazione a un’altra. Il termine “`abar “ significa, tra le altre cose “passare sopra, andare avanti, impegnarsi”. Ormai non si può indugiare più, sarebbe la fine. Giosuè e il popolo devono impegnarsi in questa conquista, il primo passo è attraversare il Giordano, un fiume che in quel periodo è in piena, ma cos’è un fiume in confronto a un mare? Dio non cambia e non è colto di sorpresa davanti agli ostacoli.

La guerra non sarà breve, ma la vittoria è garantita dalla presenza di Dio in mezzo al Suo popolo e sarà una conquista lenta ma inesorabile, il paese è già loro per fede, ma questo non vuol dire che otterranno tutto e subito. Dobbiamo imparare che le promesse di Dio sono anche una prova della nostra fiducia incondizionata, questo Giobbe lo comprese bene:

Giobbe 35:14 e tu, quando dici che non lo scorgi, la tua causa gli sta davanti; sappilo aspettare!

L’attesa non può e non deve essere pigra e oziosa, ma si traduce in un far fruttare il talento che Dio ha dato a tutti (qualcuno ne avrà ricevuti anche più di uno) in attesa di ricevere la pienezza della promessa. La terra è vostra, questa certezza Dio la donò al Suo popolo, ma materialmente passarono diversi anni prima di realizzarla appieno anche per la mancanza di scrupolosità del popolo israelita, il quale si adattò al territorio e ai costumi dei popoli (pian piano non subito) e divenne meno zelante nella conquista.

Ad essere obiettivi anche Giosuè prese qualche cantonata (vedi i Gabaoniti nel capitolo 9), ma questo non deve inficiare o scalfire la sua ottima reputazione; quale servo del Signore non ha mai fatto errori, anche gravi? Conosciamo solo Uno perfetto che non ha mai peccato, Gesù!

Vorrei spendere ancora qualche altra parola in merito all’attraversare. Quando intraprendiamo qualsiasi progetto di natura spirituale siamo inizialmente bloccati da tanti dubbi e perplessità, dovuti al nostro carattere prudente e spesso pauroso. Può essere un bene la prudenza, ma averne troppa può portare a ristagnare nei pensieri che scoraggiano, serve perciò un deciso primo passo di fede e poi uno alla volta, passo dopo passo continuare il tragitto. Questo primo passo ha l’obbligo di essere aderente alla volontà di Dio espressa dalla Sua Parola e dalla guida dello Spirito Santo; ecco quello che avvenne davanti al Giordano.

4. UNA VISIONE CHIARA

Ti invito a leggere Giosuè 3:1-17. Analizziamo alcuni versetti in particolare:

vv.4,9

Però, vi sarà tra voi e l’arca la distanza di circa duemila cubiti; non vi avvicinate ad essa, affinché possiate veder bene la via per la quale dovete andare; poiché non siete mai passati per questa via».

Dio chiama la Sua chiesa a nuove conquiste, per vie che spesso non conosce. Per questo bisogna avere gli occhi fissi sul Signore, la nostra arca, il nostro punto di riferimento. Lo Spirito Santo dona la visione e la Parola guida alla missione.

v. 13.

E non appena i sacerdoti che portano l’arca di DIO, Signore di tutta la terra, avranno posato le piante dei piedi nelle acque del Giordano, le acque del Giordano, quelle che scendono dalla parte superiore, saranno tagliate e si fermeranno in un mucchio».

Rappresenta la promessa, che si sarebbe realizzata per fede passo dopo passo. E’ evidente che il primo passo sarebbe stato il più difficile, l’inizio è sempre più dubbioso, ma se ci poggiamo sulla promessa del Signore farlo sarà meno problematico. Dio non farà quello che spetta a noi fare, il primo passo è senza dubbio quello del coraggio e della fiducia nelle Sue promesse. E’ sempre una buona abitudine chiedere conferme, in preghiera, di quello che stiamo per iniziare. Certamente Dio non ci abbandonerà mai, anche quando dovessimo fallire, ma per essere certi della Sua guida dobbiamo avere un contatto quotidiano con Lui.

Vanno bene i consigli fraterni, quelli dei predicatori che ascoltiamo, certamente anche l’opinione del nostro conduttore di chiesa, ma alla fine le decisioni non possono essere il risultato di voci esterne al nostro cuore. Dobbiamo cercare il “volto” del Signore, cioè la comunione intima con Lui per mezzo della preghiera e dei sospiri ineffabili dello Spirito Santo (Salmo 27:8; Romani 8:26).

vv.15,16

Appena quelli che portavano l’arca giunsero al Giordano e tuffarono i piedi nell’acqua della riva (il Giordano straripa dappertutto durante tutto il tempo della mietitura), le acque che scendevano dalla parte superiore si fermarono e si elevarono in un mucchio a una grandissima distanza, fino alla città di Adam che è vicino a Sartan; e quelle che scendevano verso il mare della pianura, il mar Salato, furono interamente separate da esse; e il popolo passò di fronte a Gerico.

Dio ancora una volta, semmai ce ne fosse bisogno, mantiene le promesse. Nuovamente, un ostacolo viene superato con un “passo” di fede. La fiducia in Dio non chiede di fare voli pindarici, ma passi concreti che dimostrino che il credere non è solo una bella teoria ma un realtà pratica. Anche Pietro sperimentò il camminare sulle acque come il risultato del guardare con fede al Signore Gesù e ascoltare il Suo comando, il “rhema” impartitogli, che gli permise di essere vittorioso sulla tempesta, almeno fino a quando non guardò gli elementi naturali contrari.

Però ricordiamoci che se vogliamo camminare sulle acque dobbiamo scendere dalla barca. Lasciare la routine della vita quotidiana e “rischiare” di affondare, sapendo che però non affonderemo mai veramente se ubbidiremo alla Parola di Cristo. Si affonda quando si agisce istintivamente o quando si smette di aver fiducia nel potere della Parola di Dio.

…CONTINUA

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